Su delega della Direzione Distrettuale Antimafia, la Polizia di Stato di Siracusa, con la collaborazione dell’Ufficio di Polizia di Frontiera di Malpensa, in data 3.08.2021 ha dato esecuzione ad ordinanza applicativa di misura cautelare, emessa in data 20.7.2021 dal G.I.P. presso il Tribunale di Catania, nei confronti di quattro persone di cittadinanza nigeriana (P.J., (D.C., J.J., U.B.), in quanto gravemente indiziate, unitamente ad altri soggetti non identificati sedenti in Libia e Nigeria, di numerose ipotesi delittuose: dei delitti di tratta di esseri umani a fine di sfruttamento sessuale e riduzione in schiavitù, pluriaggravati dall’aver agito anche in danno di minori, dall’aver esposto le persone ad un grave pericolo per la vita e l’integrità fisica (precisamente facendo loro attraversare il continente di origine sotto il controllo di criminali che le sottoponevano a privazioni di ogni genere e a diverse forme di violenza, ed infine, facendole giungere in Italia via mare a bordo di imbarcazioni occupate da moltissimi migranti esponendole ad un altissimo rischio di naufragio), dall’aver contribuito alla commissione del reato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno stato; dei delitti di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, anch’essi pluriaggravati analogamente ai delitti di tratta di esseri umani; del delitto di sfruttamento della prostituzione ed altre fattispecie delittuose.
L’indagine, traeva origine da un intervento effettuato da personale della Questura di Siracusa che identificava una giovanissima cittadina nigeriana – Ella (nome di fantasia) – appena fuggita dall’abitazione della propria madame (P.J.), la quale, dopo averla sottoposta al rito Ju-Ju, l’aveva trasferita in Italia, attirandola con la falsa promessa di un lavoro lecito e profittando della giovane età della ragazza (appena sedici anni) e, una volta giunta sul territorio nazionale, l’aveva invece costretta a prostituirsi, utilizzando anche strumenti di coercizione violenta atteso il rifiuto della giovane di prestarsi allo sfruttamento sessuale, in ciò facendosi coadiuvare da un connazionale con il quale intratteneva una relazione sentimentale (O.C„).
Veniva così avviata una complessa attività di indagine, tradizionale e tecnica, che consentiva di acquisire elementi non solo in relazione alla vicenda di Ella (così ulteriormente supportando il narrato della predetta minore) ma anche in relazione alla vicenda di un’altra giovane ragazza, al pari di Ella, trasferita dalla stessa madame dalla Nigeria all’Italia, con modalità analoghe (ovvero profittando della peculiare vulnerabilità della stessa e del suo stato di bisogno) ed allo stesso fine, quello di appropriarsi dei guadagni del meretricio della connazionale nonché altre storie di sfruttamento della prostituzione di numerose connazionali (oltre dodici ragazze).
Venivano, altresì, identificati altri due soggetti (J.J. e U.B), “colleghi” della madame P.J. in quanto operatori economici del medesimo illecito settore di mercato quello dello sfruttamento sessuale di giovani connazionali, operanti su diversi territori ma in ottimi rapporti con la madame P,J, con la quale si confrontavano sulle problematiche del business gestito, anche prestandosi vicendevole aiuto se necessario: J.J. e U,B. gestivano anch’essi una giovane connazionale, attirata in Italia con l’inganno (consistito nel rappresentare falsamente alla vittima che in Italia avrebbe svolto una normale attività lavorativa diversa dalla prostituzione) e profittando della peculiare situazione di vulnerabilità e di bisogno della giovane, costretta a dover ripagare – con i proventi della prostituzione – un esoso debito di ingaggio dietro la minaccia continua del rito Ju-Ju cui era stata sottoposta prima di partire per l’Europa.
Tutti i soggetti destinatari di ordinanza custodiale risultavano inoltre poter contare su contatti con connazionali all’estero, in Nigeria e in Libia, valevoli a consentire loro di seguire a distanza tutte le fasi del trafficking: dal reclutamento alla sottoposizione a JuJu, dalla partenza dalla Nigeria all’arrivo in Libia e così via.
Uno degli indagati risultava inoltre svolgere in forma professionale l’attività di intermediazione finanziaria, ed in particolare svolgeva attività di raccolta abusiva del risparmio e di abusiva intermediazione nel cambio monetario, consentendo a terze persone, a fronte del pagamento di commissioni, il trasferimento di fondi all’estero, anche mediante rapporti fiduciari di tipo compensativo con corrispondenti esteri che provvedevano ad erogare al destinatario in Nigeria una somma equivalente a quella consegnata in Italia ma in valuta nigeriana, senza passare così attraverso i canali bancari e finanziari ufficiali e in elusione delle disposizioni di legge che regolamentano tali operazioni.