Le rappresentanze di base, Cgil Cisl Uil, Fials, Nursind, Nursing up e Cisal, tornano alla carica contro l’Asst Sette Laghi e denunciano la “programmazione basata esclusivamente sul sacrificio e l’abnegazione dei lavoratori, una propensione alla dismissione di servizi ed un’assenza completa della valorizzazione del “territorio”.
Questo il comunicato:
Senza voler tornare sulla gestione ospedaliera che sarà oggetto di un serrato confronto con i lavoratori che potranno dire la loro versione sulle minimizzazioni e le negazioni di fonte aziendale, è utile fare una attenta analisi sull’offerta territoriale.
Il potenziamento delle attività territoriali viene indicato dai politici e dai professionisti della sanità come la condizione indispensabile ad un efficace contrasto dell’infezione da COVID19. La dizione “attività territoriale” è generica e non chiarisce quali servizi il territorio deve offrire ai cittadini.
Semplificando molto è possibile fare alcuni esempi:
• servizi socio-sanitari quali i Consultori Familiari, i Servizi per le Tossicodipendenze, l’Assistenza Domiciliare Integrata.
• la fornitura di protesi ed ausili (carrozzine, letti, pannoloni .), strettamente collegata alla vita quotidiana e di facile accessibilità per le persone anziane i disabili ed i loro familiari,
• l’accertamento dell’invalidità civile, attività che può sembrare meramente amministrativa ma che ha invece un grande effetto sulla qualità della vita delle persone.
Perché queste prestazioni devono essere decentrate sul territorio? Le buone ragioni sono molte, ad esempio: sono servizi che devono essere facilmente raggiungibili, vicini al cittadino che ha diritto ad avere informazioni ed orientamento (senza dover prendere in alcuni casi tre pullman). La seconda è che sono servizi, come il Consultorio Familiare, che devono operare in modo integrato con le scuole, con i servizi sociali comunali, con le associazioni del territorio in un continuo reciproco scambio.
Quanto è necessario oggi che le istituzioni che si occupano dei ragazzi facciano “sistema”, uniscano le forze? Quanto sarebbe utile che il medico di base, le prestazioni di assistenza domiciliare socio-sanitarie e socio assistenziali si integrino con la forniture degli ausili, con il riconoscimento dell’invalidità, con le associazioni di volontariato?
L’infezione da COVID ha dimostrato che il nostro sistema di presa in carico dei bisogni del cittadino è frammentato e come sia essenziale che le comunità locali “mettano insieme le forze” senza steccati tra istituzioni.
La legge di riforma sanitaria lombarda intendeva sviluppare principalmente il sistema territoriale ed ha affidato alle ASST il compito della creazione e gestione di questo sistema.
La riforma è entrata in vigore il 01/01/2016 e in quella data la ASST dei Sette Laghi ha assorbito le attività che erano erogate in precedenza della ASL della Provincia di Varese.
Da allora che cosa è accaduto?
E’ stata mantenuta l’offerta? i servizi sono migliorati, o vi è stato un decadimento delle attività?
L’ASST dei Sette Laghi ha operato per l’integrazione tra le attività socio-sanitarie, socio assistenziali ed ospedaliere, obiettivo fondamentale della riforma? A noi sembra che, nella migliore delle ipotesi, tutto sia rimasto congelato al 01/01/2016 e, nei casi peggiori, c’è stato, addirittura, un arretramento dei servizi offerti all’utenza.
Facciamo qualche riflessione per meglio chiarire la situazione.
• Le attività dei consultori sono ridotte al minimo. Quando si è fortunati c’è un’ostetrica. Lo specialista in ginecologia è presente ad ore e non ci risulta che vi siano particolari strumenti, come ad esempio gli ecografi, per poter svolgere pienamente l’attività. Inoltre, gli psicologi e gli assistenti sociali sono praticamente assenti, di fatto rendendo impossibile degli interventi che vanno oltre il mero aspetto sanitario.
• La situazione delle commissioni invalidi è francamente ed oggettivamente preoccupante. Tale attività è necessaria per l’accesso non solo ai benefici di natura economica (la pensione di invalidità viene erogata ad una ristretta minoranza di persone) ma soprattutto a forme di tutela non economica, come nel caso della Legge 104/92 che prevede la visita in commissione. Nulla è stato fatto per migliorare il servizio ed in alcuni casi è addirittura peggiorato, come ad esempio nella sede di Varese, dove i tempi di attesa tra la presentazione della domanda e la visita veleggiano ormai attorno ai quattro mesi, non certo per colpa del COVID, nel silenzio generale delle Associazioni e nel totale abbandono da parte dell’Azienda.
• L’Azienda, in uno dei rari momenti di sincerità e di chiarezza nei rapporti con le Organizzazioni Sindacali, ha ammesso che vi è il progetto di portare i punti vaccinali da otto (quelli ereditati dalla ASL della Provincia di Varese) a quattro. Il COVID ha riportato al centro del dibattito pubblico l’importanza delle vaccinazioni, ricordando un insegnamento semplice ma fondamentale che forse avevamo collettivamente dimenticato: le malattie è meglio prevenirle che curarle. Ed in questo le vaccinazioni hanno un ruolo fondamentale. Tutte le vaccinazioni, anche quelle che non riguardano il COVID ma che sono necessarie per la tutela della salute, al pari di una terapia intensiva. Ma l’Azienda, in uno schema, che appare paradossale, prevede tagli e privatizzazioni a tutti i costi e quindi l’unica soluzione che mette in campo è la riduzione dei punti vaccinali, chiudendo nell’immediato quello di Arcisate e pensando in prospettiva ad ulteriori riduzioni.
Su tutto aleggia il progetto del Pre.S.S.T. di Arcisate. Alle Organizzazioni Sindacali il progetto non è mai stato illustrato, nonostante l’Azienda non perda occasione di raccontare quanto sia aperta al confronto.
Quello che si conosce, in merito al progetto, sono le notizie riportate sulla stampa locale. Notizie che francamente destano non poche preoccupazioni.
Apprendiamo che il Presidio Socio-Sanitario Territoriale di Arcisate sarà un poliambulatorio. Ci chiediamo se questa scelta è il risultato di uno studio sui bisogni sanitari della popolazione della Valceresio, visto che ci sembra che l’attività ambulatoriale e di medicina specialistica nella nostra provincia non è certo carente sia dal punto di vista dell’offerta pubblica che di quella del privato accreditato.
L’idea a noi pare un ritorno al passato, alle mutue degli anni settanta.
Cosa accadrà alle attività che attualmente sono presenti presso l’ex distretto socio sanitario di Arcisate non è chiaro. Il punto vaccinale è già chiuso. Verranno chiusi anche il consultorio, la commissione invalidi, l’assistenza domiciliare integrata, l’ufficio protesica? Noi non lo sappiamo. Forse non lo sanno nemmeno I Sindaci della Valceresio. Una cosa è certa, in attesa della applicazione del progetto futuro non si investe nel presente.
Come Organizzazioni Sindacali abbiamo più volte evidenziato i limiti organizzativi e le carenze dell’attuale Direzione nella gestione dell’Ospedale, denunciando disservizi, carenze e contraddizioni. Abbiamo compreso le difficoltà legate al momento particolare, abbiamo accettato, anche se non compreso, il cambio della delegazione trattante, abbiamo partecipato agli innumerevoli incontri e accettato che gli accordi sottoscritti non fossero applicati. Adesso però non è più possibile temporeggiare, aspettare, dare ulteriore fiducia quando si nega l’evidenza e si cambiano le carte in tavola non ci può essere né comprensione, né condivisione.